Dicembre è (anche) il mese dei regali, e come genitori, parenti ed educatori siamo chiamati a riflettere su come comportarci rispetto alle richieste contenute nella lettera a San Nicolò e/o a Babbo Natale. Se non abbiamo le idee chiare su cosa sia meglio comprare e chiediamo un consiglio nei negozi specializzati capita spesso che ci chiedano: maschietto o femminuccia? Proviamo a riflettere sui perché di questa domanda.

Il tipo di giochi che riteniamo adeguati fa parte delle aree in cui gli adulti “riconoscono” differenze tra maschi e femmine. Altre aree sono la sfera delle emozioni, l’atteggiamento verso l’espressione dell’aggressività e l’assegnazione di compiti. Per esemplificare: bambole e pentoline verso  pallone e costruzioni, giochi tranquilli in casa verso giochi di movimento fuori casa, emotività e fragilità verso razionalità e coraggio, cura e oblatività verso agentività e genio. Non sfugge che questi stereotipi sessisti nascono da determinati ruoli sociali e determinati rapporti di potere  che proprio  tramite essi vengono “insegnati” alle nuove generazioni e diventano fonti interiorizzate di resistenza al cambiamento. Se sono una bambina posso pensarmi solo in alcuni ruoli e posso aspirare ad avere alcune caratteristiche, posso  fare la ballerina o l’insegnante ed essere bella e buona; se sono un bambino posso fare tutto quello che voglio ma devo essere “ performante” e forte. Da grande, come donna dovrò piacere e dare piacere, come uomo dovrò agire ed essere accudito. I giochi che suggeriamo hanno un ruolo importante nel veicolare questo tipo di aspettative.

Fin da piccolissimi impariamo, per “immersione” nelle relazioni che ci circondano, a categorizzare le persone  in maschi e femmine e di conseguenza ad aspettarci dagli uni e dalle altre dei tratti distintivi, degli atteggiamenti e dei comportamenti  collegati a questa categorizzazione; il processo in base al quale un bambino si percepisce come maschio e una bambina come femmina è influenzato sia dalle predisposizioni biologiche che dall’apprendimento sociale.

I principali fattori che concorrono  alla costruzione dell’identità di genere sono il modo di essere maschi o femmine dei genitori, i modelli nel gruppo dei pari, le rappresentazioni sociali, l’educazione e la cultura. L’acquisizione dei comportamenti avviene per osservazione e per imitazione e la prestazione di una bambina o di un bambino rispetto ad un compito è influenzata dalla percezione del compito come appropriato ad un genere o all’altro. Su questa base si formano gli stereotipi. Una caratteristica degli stereotipi è che vengono trasmessi molto spesso in modo inconsapevole.

Gli stereotipi quindi sono rappresentazioni comuni e semplificate della realtà che, in ogni cultura, attribuiscono determinate caratteristiche alle donne, agli uomini e ai rapporti tra loro.

Si può scegliere di non occuparsi degli stereotipi di genere per almeno due ragioni, si è d’accordo con il mantenimento dei ruoli sociali che li generano o si crede che scompaiano “naturalmente”, magari con la convinzione che un “buon esempio” della coppia genitoriale sia sufficiente, ma tutte le ricerche ci dicono il contrario; la forza dello stereotipo di genere sta proprio nel fatto che viene trasmesso come verità, come “natura” sin dall’infanzia.

Noi di CLIC abbiamo scelto di occuparcene e di parlarne in occasione dei prossimi appuntamenti.